Non è facile indicare un anno zero per la nascita del videogioco. Molti autori ne individuano nei flipper e nelle slot-machine gli antenati, ma per evitare di andare troppo a ritroso, si farà riferimento all’anno 1958 seguendo Steven Malliet e Gust de Meyer.1
Nel 1958 Willy Higinbotham lavorava come ingegnere al Brookhaven National Laboratory, un centro di ricerca del governo americano. Per l’annuale apertura al pubblico del laboratorio Higinbotham decise di mostrare ai visitatori qualcosa di diverso dalle classiche statistiche aziendali trasformando un oscilloscopio in un gioco dove si comandava, tramite dei pulsanti, un puntino luminoso che simulava i rimbalzi di una pallina su di un campo da tennis (Video 1).
Tennis for Two2 fu il nome che Higinbotham diede alla sua creazione; l’ingegnere trovava interessante la possibilità di mostrare in modo semplice e divertente il funzionamento di un complesso strumento tecnologico ad un pubblico di non esperti, ma non pensò minimamente ad un possibile sviluppo commerciale del suo gioco. Bisognerà aspettare 14 anni prima che il gioco del tennis su schermo apparisse sugli scaffali dei negozi.
La tappa successiva della storia è il gennaio del 1962, quando Steve Russell, studente del Massachusetts Institute of Technology (MIT), programmò Spacewar3 in uno degli ingombranti computer DEC PDP-1 della facoltà di ingegneria elettrica. L’idea di Russell era di creare un programma per computer divertente per spiegare alla gente le leggi fisiche che influenzano il moto dei corpi nel cosmo; in Spacewar comparivano due navicelle spaziali molto stilizzate comandate da due giocatori; nel gioco bisognava evitare di essere risucchiati dal buco nero posto al centro della schermata e si potevano sparare siluri per colpire l’avversario (Video 2).
Ciò che consentì ai videogiochi di divenire un fenomeno di cultura popolare fu il lancio commerciale. Il merito di essere riusciti a trasformare le prime sperimentazioni di Higinbotham e Russel in macchinari per fare soldi va a Ralph Baer e Nolan Bushnell.
Il quarantaquattrenne Ralph Baer, nel 1966, lavorava come ingegnere in una azienda di elettronica, e intuì che i 40 milioni di apparecchi televisivi presenti nelle case degli americani potevano diventare ottimi strumenti per giocare, così realizzò un congegno da collegare al televisore per cimentarsi con un gioco di ping-pong molto simile a Tennis for Two.
Dopo il primo infruttuoso tentativo di prendere accordi con le aziende della TV via cavo, Baer riuscì a vendere il suo prototipo alla Magnavox, gigante dell’elettronica di consumo, poi acquisita dalla Philips. La Magnavox nel 1972 lanciò sul mercato l’Odyssey, la prima rudimentale consolle per videogiochi. (Video 3)
Più abile a sfruttare commercialmente l’idea fu Nolan Bushnell, il quale nel 1970 realizzò Computer Space, un emulo di Spacewar, giocabile in un macchinario a moneta simile ai Flipper (Figura 1).
Computer Space fu il primo videogioco arcade (da sala giochi) della storia. L’idea di proporre i videogiochi come evoluzione dei flipper, risulterà fruttuosa ma Computer Space era troppo difficile da giocare e fu ignorato dal grande pubblico (ne furono realizzati solamente 1.500 esemplari).6
Nel ’72 Bushnell, copiando il gioco del ping-pong prodotto dalla Magnavox, realizzò Pong; nello stesso anno fondò la Atari per produrre e commercializzare il suo nuovo gioco. (video 4)
Pong era un gioco molto più semplice di Computer Space, non aveva bisogno di istruzioni, questo gli garantì un grande successo commerciale negli Stati Uniti (38.000 esemplari venduti).7
Quando Ralph Baer vide Pong si accorse della somiglianza con il suo gioco del ping-pong e intentò una causa a Bushnell per violazione di copyright, ma intanto l’enorme successo di Pong riuscì ad avvantaggiare anche lo sfortunato ping-pong di Baer proprio per la somiglianza dei due videogiochi.
Nel ’74 Atari entrò nel mercato delle consolle domestiche con l’Home Pong.
Il grande successo commerciale dell’Home Pong (150.000 unità vendute nella stagione natalizia ’75)8 portò molti altri produttori a entrare nel mercato delle consolle domestiche con giochi tutti più o meno simili che introdussero via via alcune evoluzioni come il sonoro e i colori.
La tappa successiva è il 1976 quando Fairchild introdusse Channel F, la prima consolle programmabile; ciò consentiva di produrre e commercializzare cartucce aggiuntive con giochi sempre nuovi. L’anno dopo Atari lanciò la Video Computer Sistem (VCS), anch’essa con giochi su cartucce intercambiabili. Ancora una volta Atari riuscì a ottenere un maggior successo rispetto all’innovatore grazie ai molti giochi disponibili e alle intelligenti politiche commerciali.
Nel 1978 una pesante crisi investì il mercato videoludico a causa dei troppi concorrenti che proponevano consolle più o meno simili; moltissime aziende chiusero i battenti, l’unica a non soccombere fu Atari grazie alla realizzazione di giochi sempre nuovi e innovativi.
A questo punto entra in gioco il Giappone.
Il Giappone negli anni ‘70 era un paese con una lunga tradizione in fatto di giochi meccanici; il pachinko riscuoteva un enorme successo nelle sale giochi di allora (e lo riscuote ancora oggi), i primi videogiochi provenienti dagli USA non riuscirono a scalzare il suo primato. A erodere il successo del flipper giapponese fu un’azienda nipponica, la Taito, che nel giugno del 1978 lanciò sul mercato Space Invaders9. (video 5)
Nel gioco il protagonista, un buffo pallino giallo, doveva mangiare tutti i puntini disseminati all’interno di un labirinto, evitando dei coloratissimi fantasmini che lo inseguivano. Il gioco presentava un’atmosfera ironica e gioiosa.
Pac-Man fu il primo videogioco ad avere un personaggio con cui identificarsi e, come racconta J.C. Herz, per la prima volta ebbe seguito anche tra le ragazze.11 Nel solo 1981 furono venduti più di 100.000 cabinati Pac-Man per sala giochi.12 Il buffo pallino giallo in pochi mesi divenne una vera e propria star, apparve stampato su magliette, riviste ed aveva anche un suo show televisivo.13
Giapponese è anche la seconda star dei videogames anni ’80, si tratta di Mario, un simpatico idraulico inventato da Shigeru Miyamoto per la Nintendo che apparve per la prima volta nel 1981 nel gioco Donkey Kong.
Come Pac-Man anche Mario comparirà in molti giochi successivi ma anche in cartoni animati, fumetti, film e gadget di vario genere.
A fare concorrenza al già turbolento settore delle consolle per videogiochi arrivarono tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80 i primi microcomputer (conosciuti poi come personal computer o PC).
Grazie alla miniaturizzazione e all’abbassamento dei costi dei chip, iniziarono a uscire sul mercato i primi modelli Apple e Commodore (video 7).
Facilità d’uso e basso prezzo rendevano microcomputer delle ottime alternative alle consolle da gioco, offrendo il vantaggio di poter eseguire diversi tipi di programmi oltre ai giochi. Il Commodore 64 fu venduto principalmente a un pubblico di giocatori e contribuì a introdurre molti di loro al mondo della programmazione, ripetendo lo stesso fenomeno avvenuto negli anni ’60 nel mondo accademico con Spacewar.
Nel 1983 una seconda crisi, causata dalla sovrapproduzione di giochi di scarsa qualità, colpì il settore. La situazione si stabilizzò nel 1986 con l’affermazione della Nintendo quale leader indiscusso. Il successo di Nintendo venne garantito da giochi platform14 dove compariva il personaggio di Mario (Mario Bros, 1983 e Super Mario Bros, 1985); Super Mario Bros è il primo gioco a presentare scenari differenti (8 mondi con 4 livelli, per un totale di 32 livelli) dove si affrontavano vari avversari e nuovi ostacoli; Super Mario Bros realizzava per la prima volta il desiderio del suo creatore, Shigeru Miyamoto, di un videogioco come cartoon interattivo.15 (video 8)
Nella seconda metà degli anni ’80 ci furono molte altre innovazioni in campo videoludico, la potenza delle consolle aumentava, i giochi divenivano sempre più complessi e graficamente accattivanti, si cominciarono a differenziare i giochi per consolle da quelli per PC.
Nel 1992 uscì Wolfenstein 3D16della ID Software, primo grande successo ad introdurre un’ambientazione navigabile in 3 dimensioni (video 9).
Wolfenstein 3D introdusse il genere degli “sparatutto in prima persona” (FPS); nel gioco si impersonava un soldato americano che doveva fuggire da una roccaforte nazista. Il punto di vista del giocatore coincideva con l’occhio del protagonista creando un effetto immersivo mai visto in precedenza. Altra novità introdotta dalla ID Software fu il metodo di distribuzione: la prima parte del gioco poteva essere scaricata e copiata gratuitamente, la versione commerciale, con un maggior numero di livelli andava acquistata; tale politica si rivelò proficua tanto che tutti gli sparatutto successivamente prodotti dalla ID software furono distribuiti con lo stesso sistema (Doom, Quake, etc.).
Alla ID software va anche il merito di aver realizzato il primo gioco utilizzabile on-line (Quake, 1996) dove invece di giocare contro personaggi comandati dal computer, si poteva giocare contro altri utenti di tutto il mondo.
Nel 1994 la Sony entrò nel mercato con la PlayStation che in sette anni vendette più di 89 milioni di esemplari.17 Il maggior vantaggio offerto dalla Playstation rispetto alle precedenti consolle era l’uso di cd-rom al posto delle cartucce, ciò consentì di poterla utilizzare anche per ascoltare CD musicali.
Nell’era PlayStation la quasi totalità dei giochi venne realizzata in grafica 3D, ciò permetteva ampia libertà di movimento all’interno dell’ambiente di gioco e un realismo sempre crescente.
Uno dei più grandi successi prodotto per la consolle della Sony fu Tomb Raider del 1996 sviluppato da Core Design. Tomb Raider fu il primo gioco a unire avventura e azione in un ambiente 3D, ma soprattutto fu il primo gioco a introdurre come protagonista un personaggio femminile, la famosissima Lara Croft. (video 10)
Come Pac-Man e Mario anche Lara divenne presto un personaggio mediatico apparendo su riviste, spot pubblicitari, videoclip musicali, film. Lara è un personaggio che incarna due codici comunicativi: sex symbol per il pubblico maschile, e icona femminista per il pubblico femminile.18
Nel 2000 la Sony introduce la PlayStation 2 e nel 2001 Microsoft entra nel mercato delle consolle per la prima volta con la Xbox. Entrambe usano come supporto il DVD, oltre a giocare consentono anche di vedere film e ascoltare musica, trasformando le consolle in un centro di intrattenimento a tutto tondo. Sia la PlayStation 2 che la Xbox consentono inoltre il collegamento a Internet per giocare in rete.
Internet sta contribuendo a rivoluzionare anche l’universo dei videogames. Sempre più giochi prevedono la possibilità di sfidare altri utenti on-line, o scaricare aggiornamenti. Grazie a Internet sono anche nati nuovi generi videoludici come gli impronunciabili MMORPG (Massive Multiplayer Online Role-Playing Game) ovvero giochi di ruolo dove si incontrano migliaia di altri personaggi comandati da giocatori.
Su Internet nascono anche nuove categorie di videogiocatori, come i casual gamers, milioni di naviganti disposti a spendere qualche minuto, per esempio durante una pausa dal lavoro, per una partita. I casual games usano una grafica semplice e un sistema di gioco immediato, sono giocabili direttamente con il browser web e si scaricano in pochi secondi, non sono molto dispendiosi in termini di risorse, quindi possono essere usati anche su computer datati.
Secondo le statistiche del sito di casual games PopCap, su 7 milioni di visitatori mensili il 58% è costituito da donne e il 75% ha più di 35 anni.19 Questa enorme quantità di giocatori, non disposti a investire tempo e soldi in complessi videogiochi, rappresenta un mercato lucrativo; molte aziende operanti su Internet (come Yahoo) hanno una propria divisione specifica per realizzare casual games, i bassi investimenti necessari garantiscono alti profitti grazie alla vendita di pubblicità o a una politica di vendite a basso costo del tipo “try-before-you-buy”.
L’immenso ed eterogeneo pubblico di “giocatori per caso” non è sfuggito alle grandi aziende produttrici di beni di consumo, nasce così la pratica degli advergames20 ovvero videogiochi volti a promuovere un marchio o un prodotto.
Grazie alla facilità di realizzazione e distribuzione i giochi sul web consentono anche a singoli utenti di poter realizzare e proporre le proprie creazioni, contribuendo così ad una parziale democratizzazione del mercato.
Più avanti si vedrà come le potenzialità dei casual games possano essere sfruttate per veicolare varie tipologie di messaggi.
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