Videogiochi & Comunicazione

Aspetti comunicativi dei videogiochi

Temi dominanti nel mercato mainstream

Passando ora ad analizzare le tematiche presenti nei videogiochi si nota come le preferenze dei giocatori italiani vanno verso il genere sportivo, troviamo poi giochi di strategia e action/adventure, tali tipologie di giochi presentano spesso tematiche violente o belliche (Tabella 1)1. Le stesse considerazioni valgono anche per il più ampio mercato statunitense (Tabella 2).

Tabella 1 - Generi di gioco preferiti dai videogiocatori italiani
Preferenze molto e abbastanza rilevate tramite questionari a risposta multipla. 
Primo rapporto annuale sullo stato dell'industria videoludica in Italia (settembre 2005) commissionato dall'Associazione Editori Software Videoludico Italiana (AESVI) ad ACNielsen, disponibile all'indirizzo http://www.aesvi.it

Tabella 2 - Classifica dei 20 giochi per consolle pił venduti negli Stati Uniti nel 2005.
Rapporto Essential facts about the computer and video game industry dell'Entertainment Software Association (ESA). http://theesa.com
Il Rating attribuito dall'Entertainment Software Rating Board serve a fornire informazioni riguardo il contenuto dei videogames. Il valore E (Everyone) indica  giochi adatti dai 6 anni in su; T (Teen) dai 13 anni in su; M (Mature) da 17 anni in su. 
Per maggiori informazioni: http://www.esrb.org/ratings/ratings_guide.jsp

La presenza in classifica di molti giochi bellici non deve stupire, il gioco è sempre stato legato alla guerra, basta citare due classici come i soldatini o gli scacchi. Il mezzo videoludico, per la sua natura audiovisiva e interattiva presenta però delle grosse differenze dai giochi classici; si presta a una rappresentazione “mimetica” della realtà; i videogiochi pretendono, e in parte riescono, a rappresentare la realtà bellica con estremo realismo e, grazie all’interattività, riescono ad aumentare notevolmente il coinvolgimento rispetto ai classici media audiovisivi.
La presenza di una massiccia quantità di violenza ha spesso mobilitato l’opinione pubblica contro i possibili effetti negativi dei videogiochi;2 a riguardo sono stati condotti vari studi ma nessuno è riuscito a giungere a risultati attendibili.3
In mancanza di studi più approfonditi si può affermare che la violenza andrebbe analizzata in relazione al contesto socio-culturale in cui viene fruita: se per alcuni soggetti la simulazione di atti violenti può avere una funzione catartica per altri potrebbe avere anche gravi conseguenze.
Secondo Marie-Laure Ryan il motivo della predominanza di contenuti bellici sarebbe da rintracciarsi nelle peculiarità del sistema di controllo dei videogiochi:

“The predominance of violence in computer games has been widely attributed to cultural factors, but I think that it can be partly explained by a desire for immediate response. Moreover, of all human actions, none is better simulated by clicking on a control device than pulling a trigger. I am not trying to defend the violence of computer games, but it seems to me that the theme of shooting exploits with a frightful efficiency the reactive nature of the medium.”4

A prescindere dalla veridicità di quanto affermato, si deve notare come i videogiochi negli Stati Uniti sono sempre stati legati al mondo militare: già il primo gioco della storia, Tennis for Two, utilizzava tecnologia di derivazione bellica.5 Proseguendo negli anni il realismo mimetico dei videogiochi è andato crescendo consentendo rappresentazioni della guerra sempre più verosimili; nel 1980 Atari lancia il primo gioco con visuale in soggettiva, Battlezone,6 compito del giocatore era distruggere tutti i carri armati che comparivano sul terreno di scontro; Battlezone utilizzava una grafica tridimensionale molto spartana ma efficace (video 1).

Battlezone

Il gioco appariva talmente realistico che l’Agenzia del progetto per le ricerche avanzate (ARPA) del ministero della difesa statunitense chiese ad Atari di realizzarne una versione per scopi di addestramento.7
Negli anni ’90 i giochi in soggettiva acquistano colore e profondità grazie alle maggiori possibilità grafiche offerte da PC e consolle. Con Wolfenstein 3D (1992, ID Software) nasce il genere degli sparatutto in prima persona (FPS), il realismo e l’immersività che tale genere è riuscito ad ottenere è stato oggetto di molte attenzioni, gli sparatutto erano particolarmente apprezzati dal pubblico degli anni ’90 e destarono anche l’interesse dei militari.
Riguardo Wolfenstein 3D, sul sito della ID Software si legge:

“Maybe it was the fact that people got to blow away Nazis. Maybe it was the sheer challenge of it all. For whatever reason, Wolfenstein 3D and Spear of Destiny, pioneered the first-person shooter genre and brought its legendary creators, id Software, worldwide notoriety and numerous awards. In fact, The Computer Gaming World Hall of Fame recognized Wolfenstein 3D as helping to shape the overall direction of the computer gaming industry.”8

Il successo di Wolfenstein 3D  è sicuramente da attribuire alla compresenza di più fattori. Wolfenstein 3D infatti non fu il primo videogame a introdurre il tema del nazismo, tale ambientazione era ispirata da Castle Wolfenstein (1981, Muse) un gioco bidimensionale, molto meno realistico, che presentava più o meno la stessa trama (Figura 1). Anche la visuale in prima persona era apparsa in titoli precedenti come Catacomb 3D (Figura 2)
e Hovertank 3D (1991, ID Software).9

Castle Wolfenstein (Muse, 1981)

Catcomb 3D (ID Software, 1991)

Impersonare un soldato americano solo contro tutti; dover sterminare orde di nazisti che ti sparano contro, creando una tensione e un’immedesimazione che solo la visuale in soggettiva poteva dare; esplorare i tetri corridoi “decorati” con effigie inneggianti al regime nazista, gabbie contenenti scheletri umani e mosaici raffiguranti il Fürer, ha determinato il successo del gioco. (Video 2)

Wolfenstein 3D

Per capire l’importanza che i vari elementi hanno avuto si può fare riferimento alla versione del gioco uscita per Super Nintendo (la versione originale era per PC); per evitare eventuali polemiche riguardo il tema storico trattato e l’eccessiva violenza, nella trasposizione per la consolle Nintendo vennero tolti tutti i riferimenti al regime nazista e le scene di sangue. Il risultato fu lo scarsissimo successo di tale versione del gioco.10 (Figura 3)

Wolfenstein 3D. Nella versione per Super Nintendo sono stati eliminati i riferimenti al nazismo.

Successivamente a Wolfenstein 3D, ID Software rilascia Doom (1993), anche questo uno sparatutto in soggettiva, ma con una storia completamente diversa. Si impersona un marine spaziale di stanza su Marte costretto a collaborare con un’azienda impegnata in esperimenti militari top-secret sul teletrasporto tra le due lune di Marte: Phobos e Deimos. A causa di un disguido, all'improvviso dal teletrasporto iniziano ad uscire orde di mostri;  tutto il personale residente su Phobos viene trucidato o trasformato in zombie. A questo punto il team del protagonista, l’unica truppa nel raggio di 50 mila miglia, viene inviato su Phobos per indagare riguardo l’incidente, il protagonista viene lasciato all'esterno dai compagni per mantenere le comunicazioni con Marte; dopo un duro scontro a fuoco tutti i compagni vengono trucidati. Il protagonista si ritrova solo, su un territorio sconosciuto con solamente una pistola; deve riuscire a scappare dalla base spaziale senza farsi uccidere da mutanti, zombie e demoni.

“As you walk through the main entrance of the base, you hear animal-like growls echoing throughout the distant corridors. They know you're here. There's no turning back now.”11

Doom, nella forma, è completamente avulso dalla realtà storica, presenta un’ambientazione spaziale da Science Fiction dove i nemici sono demoni mutuati da un bestiario medievale con l’aggiunta della robotica più avanzata. L’estrema violenza richiesta al giocatore viene giustificata dalla forte contrapposizione tra bene e male; come già succedeva in Wolfenstein 3D, ci si trova a fronteggiare il “nemico perfetto”. 12

“Tutti desiderano un nemico perfetto. I leader politici impiegano squadre di propagandisti per creare questi mostri (L’impero del male, Manuel Noriega, Gheddafi, Saddam Hussein) così da poterli sorvolare e bombardare a dovere. I creatori di Doom comprendono perfettamente quanto soddisfacente possa essere questo concetto.” […] In entrambi i giochi [Wolfenstein 3D e Doom], è necessario usare quell’amato copione: tutto era Bene, ma a un certo punto il Male è arrivato. […] Tu, e tu solo, sei l’eroe. Nessun lavoro d’équipe, nessuna delega, nessuna condivisione dei profitti. Il Ranger Solitario, trapiantato su Marte. In America ci piace così.”13 (Video 3)

Doom

Secondo J.C. Herz l’estrema violenza proposta in Doom è anche giustificata dal momento storico in cui il gioco compare sul mercato:

 “Un decennio di assassini seriali, di processi celebri per omicidio e di film d’azione pieni di effetti speciali ha fatto la differenza nello standard della violenza stilizzata.“14

Per quanto distante dalla realtà Doom possa apparire, si è visto come nel gioco è possibile trovare molti elementi in linea con la cultura contemporanea; citando nuovamente J.C. Herz, l’arsenale di armi presente in Doom “sorprende per quanto somigli al vero arsenale delle truppe speciali e delle unità antisommossa.”15
Tale somiglianza deve essere stata notata anche dalla Marina Militare Statunitense. Nel 1996 il Marine Corps Modeling and Simulation Management (MCMSM) ha realizzato una versione modificata di Doom II per l’addestramento dei marines chiamata Marine Doom. Le caratteristiche che rendono Doom particolarmente adatto per l’addestramento sono la visuale in soggettiva, lo stimolo a prendere decisioni in tempo reale e la possibilità di giocare in rete. Nella versione della marina i mostri sono stati sostituiti con marines e soldati nemici; sono stati aggiunti scenari tratti dal mondo reale come trincee, bunker, fili spinati; infine le armi sono state cambiate, con la reale dotazione dei marines (m16, m249 e granate a frammentazione).16 (Video 4)

Marine Doom

Se negli sparatutto degli anni ’90 bisognava letteralmente sparare a tutto ciò che si muoveva, i giochi del nuovo millennio diventano più tattici. Al giocatore è data la possibilità di scegliere tra diverse soluzioni per proseguire nel gioco; i personaggi gestiti dal computer (AI) hanno uno spessore narrativo maggiore; oltre ai nemici scendono in campo i compagni (virtuali) per supportare il protagonista nelle sempre più complesse missioni.
Deus Ex (2000, Ion Storm), considerato uno dei giochi più originali dell’ultimo decennio,17 introduce molte novità per quanto riguarda la tanto ricercata “libertà di gioco”.18 In termini di gameplay è una via di mezzo tra un FPS (sparatutto in soggettiva) e un RPG (gioco di ruolo), il giocatore vede in prima persona ciò che vede il protagonista (come nei precedenti FPS), ma in alcuni frammenti il punto di vista diventa esterno, ciò accade quando il protagonista dialoga con altri personaggi, a volte è possibile intervenire nei dialoghi scegliendo tra alcune frasi; le conversazioni sono fondamentali al proseguimento dell’avventura. (Video 5)

Deux Ex

L’ambientazione di Deus Ex è cyberpunk, richiama la letteratura di William Gibson e la serie tv X-Files.19 Gli eventi si svolgono nell’anno 2052 in alcune location verosimili (New York, Hong Kong, Parigi). I terroristi agiscono liberamente uccidendo migliaia di persone, la Statua della Libertà riporta gravi danni a causa di bombardamenti; le economie mondiali sono vicine al collasso e il divario tra ricchi e poveri è sempre più ampio.

“[…] Worst of all, an ages old conspiracy bent on world domination has decided that the time is right to emerge from the shadows and take control. No one believes they exist. No one but you.”20

Il protagonista J.C. Denton, un cyborg dotato di innesti nano-meccanici, ha inizialmente il ruolo di agente di un'unità anti-terrorismo UNATCO (United Nations Anti-Terrorist Coalition), ma già dal primo livello il giocatore capisce come nel mondo di Deus Ex non esiste la contrapposizione bene contro male dei classici videogames, è infattipossibile compiere delle scelte ideologiche; si può abbandonare la missione iniziale e allearsi con i terroristi, consapevoli del fatto che non esiste una scelta giusta per proseguire nel gioco, sarà possibile “salvare il mondo” da tre differenti punti di vista. Il giocatore può anche decidere come portare a termine le singole missioni: può sterminare tutti i nemici che incontra sul suo percorso o scegliere di agire nell’ombra.
Deus Ex è un ottimo esempio di come un gioco con tematiche militariste può lasciare spazio al giocatore per delle riflessioni personali senza presentare una visione del mondo implicitamente univoca. Va comunque precisato che i videogiochi sono pur sempre dei prodotti predefiniti e la visione del loro autore, anche se nascosta dietro diversi “strati” di libertà data al giocatore, sarà sempre presente.21

A riguardo Matteo Bittanti afferma:

“Il videogioco è una forma di ideologia visuale. […] Ogni videogioco veicola in forma implicita o esplicita contenuti politici, sociali e culturali. Talvolta, la componente (v)ideologica è dichiarata. Il caso più eclatante è quello di America’s Army, apogeo della videologia [sic] statunitense nonché apologia della guerra. In altri casi è meno esplicita, come in Soldier of Fortune, in cui il giocatore, nei panni di un mercenario americano, perde punti se uccide dei civili, ma non se sopprime un civile iracheno.”22

Prima di analizzare il caso America’s Army, gioco apertamente ideologico, si prenderanno in considerazione due casi in cui l’ideologia del game designer è meno evidente: SimCity e The Sims.
Come il termine “Sim” lascia intendere, i due giochi in analisi sono dei simulatori; è quindi necessario chiarire cosa significa “simulatore”. Simulare vuol dire imitare, o riprodurre artificialmente un fenomeno; i videogiochi di simulazione si ispirano a un fenomeno reale e ne riproducono in modo semplificato alcune caratteristiche. Un simulatore di guida cercherà di replicare l’esperienza di condurre un veicolo, in un simulatore di volo si cercherà di ricreare fedelmente l’abitacolo di un aereo e la risposta del mezzo alle differenti condizioni meteorologiche.23 Se non è facile rintracciare particolari scelte ideologiche in un simulatore di guida o di volo civile,24 quando ciò che viene simulato è la creazione e gestione di una città o di un nucleo familiare, gli aspetti della realtà che si sceglie di includere o di escludere dalla simulazione risultano essere dichiarazioni di una particolare visione del mondo; è bene quindi portare in superficie i significati celati dietro diversi strati di “libertà di gioco”.
Nel 1985 il giovane game designer Will Wright realizza SimCity a partire dal suo precedente Raid of Bungeling Bay, questo era uno sparatutto dove si potevano creare fabbriche, strade e carri armati da distruggere con un elicottero; ciò che Wright trovava più divertente in Raid of Bungeling Bay era costruire paesaggi urbani piuttosto che distruggerli. Da qui l’idea di realizzare un gioco di simulazione urbana.25 Scopo del gioco in SimCity è di costruire una città, pianificando la disposizione di zone residenziali, commerciali e industriali; costruendo centrali elettriche, sistemi di trasporto, servizi pubblici, monumenti; decidendo l’ammontare delle aliquote fiscali, gli stanziamenti per i servizi pubblici. La città evolve automaticamente in base alle scelte fatte dal giocatore.
SimCity, nella modalità di gioco base, non presenta particolari obiettivi da raggiungere; il giocatore sceglie liberamente come sviluppare la propria città; per evitare di risultare noioso sono però presenti degli edifici che possono essere “sbloccati” solo quando si raggiunge un certo budget o si supera un determinato numero di abitanti. La serie di SimCity ha avuto un enorme successo sia di pubblico che di critica.26 Nel 2003 è stata rilasciata la quarta versione del gioco, SimCity 4, questa presenta molte migliorie sia in campo grafico che simulativo ma lo spirito del gioco resta uguale all’originale. (Video 6)

SimCity
SimCity è un gioco anomalo, la sua mancanza di obiettivi prefissati e l’estrema libertà d’azione lasciata al giocatore lo rendono diverso dalla maggior parte degli altri giochi. La moltitudine di variabili che il giocatore può gestire e il sistema pseudo-meccanico con cui il gioco funziona possono portare alla erronea convinzione che il sistema sia interamente nelle mani del giocatore. La trasparenza è un’illusione presente in tutte le simulazione.27
Riguardo a tale problematica Ted Friedman afferma:

“Of course, however much "freedom" computer game designers grant players, any simulation will be rooted in a set of baseline assumptions. SimCity has been criticized from both the left and right for its economic model. It assumes that low taxes will encourage growth while high taxes will hasten recessions. It discourages nuclear power, while rewarding investment in mass transit. And most fundamentally, it rests on the empiricist, technophilic fantasy that the complex dynamics of city development can be abstracted, quantified, simulated, and micromanaged.”28

Nel 2000 Will Wright apporta un’altra rivoluzione nel mondo dei videogiochi, realizza The Sims, il primo simulatore di vita. Nel gioco, definito dal suo autore come una “casa delle bambole digitale”, bisogna gestire la vita di una famiglia; è possibile scegliere quanti e quali componenti avere nella propria famiglia, il loro aspetto fisico, il vestiario e il carattere di ogni personaggio. (Video 7)

The Sims

Compito del giocatore è mantenere in vita i propri Sim (nome generico dei personaggi del gioco) cercando di mantenere alta la loro “felicità”. La felicità viene misurata da una barra graduata, simile alle barre dell’energia presenti in tutti i giochi di avventura/combattimento, ed è la risultante del valore medio di altre 8 barre, le quali indicano il livello di fame, igiene, energia fisica, socialità, confort, divertimento, vescica e qualità dell’ambiente domestico. Anche The Sims, come SimCity, presenta un alto livello di complessità simulativa, ciò comporta gli stessi rischi ravvisati nel simulatore di città. Giocando a The Sims si noterà come sia importante avere tanti amici e perché ciò avvenga è necessario avere una casa accogliente con televisione, stereo e vari tipi di divertimento. Se il giocatore è libero di far lavorare o meno i propri Sim, di farli studiare o allenare in palestra, i valori di fondo presenti nel gioco sono predeterminati. E’ possibile, specie per dei giocatori adolescenti, confondere quelle che sono le regole del gioco con le reali situazioni della vita.
Will Wright, in un’intervista rilasciata a Tech TV, chiarisce quali sono i messaggi veicolati dai suoi simulatori. Alla domanda se intende The Sims come una satira o un commento al modo di pensare e agire nella società moderna, Wright risponde:

“Yeah, in some sense. The longer you play the game, the more you come to realize it's not united the way you originally thought. In the initial gameplay, it's about buying stuff.
You know, I want a better TV. I want a better kitchen. And when I get them, they will make my life better. But as you start playing the game for much longer with that same family, you realize that every object has a built-in failure. It can break, or it can start a flood, or it can catch on fire. […] So really, the long-term thing that a lot of people are hitting in this is that the materialism is sort of a false promise.
It happens in the same way that "SimCity" deals with the typical American value of growth. A lot of the time we measure cities by how fast they grow, as though that's good. When it stops, it stagnates, which gives it bad connotations. When in fact, having sustainable societies is a great idea. And Europe is far ahead of America is that sense. But when you first play "SimCity" you think that you have to keep your city growing and growing. But at some point in "SimCity" you come to a point where that much growth is no longer sustainable. So both of these games have this long-term lesson... although even then, we aren't trying to hit it over the user's heads. We aren't trying to be preachy. It's a fairly subtle thing. […].29

L’intenzione di Will Wright di inserire nei videogiochi una critica velata nei confronti della società statunitense rischia però di essere scambiata, proprio a causa della sua sottigliezza, per un’adesione incondizionata ai valori che l’autore critica. Un gioco come The Sims, che rappresenta il videogame più venduto di tutti i tempi,30 viene fruito da un pubblico di giocatori molto eterogeneo, e per via della sua libertà d’azione può dare adito a svariate modalità di gioco. È plausibile pensare quindi, che il messaggio che giunge alla maggior parte dei giocatori sia quello più superficiale, ribaltando il significato dato dall’autore.
Il ludologo Gonzalo Frasca sostiene che la simulazione non è un veicolo adatto per la satira; lo studioso non trova in The Sims una parodia al consumismo dal momento che il giocatore viene ricompensato quando acquista nuovi oggetti.31

Un ottimo esempio di videogioco dove il messaggio giunge chiaro al giocatore, con scarse possibilità di decodifica abberrante, è America’s Army. (Video 8)

American Army

America’s Army è uno sparatutto in prima persona (FPS) da giocare on-line in multiplayer. Tra le particolarità che hanno reso il gioco molto apprezzato da critica e giocatori vi è l’estremo realismo di armi, personaggi e paesaggi;32 altro aspetto di notevole interesse, per un titolo che si pone ai primi posti nella sua categoria, è la possibilità di scaricarlo gratuitamente da Internet (legalmente). America’s Army non è infatti un prodotto commerciale, bensì un videogioco promozionale volto a incentivare il reclutamento nell’esercito statunitense. Tale finalità è messa ben in risalto, nell’interfaccia di gioco è presente infatti un pulsante “Go Army” che consente di accedere al sito ufficiale dell’esercito per il reclutamento.
Per rendere la simulazione più simile alla realtà, prima di passare alla fase di gioco, bisogna superare l’addestramento, le prove da superare sono le stesse a cui sono sottoposte le reclute nella realtà.33 Solo dopo aver superato tale fase e aver trasferito on-line i risultati ottenuti, si passa al gioco vero e proprio. America’s Army si gioca on-line, le missioni ricalcano vere campagne condotte dall’esercito in anni recenti (per es. in Afghanistan);34 nel gioco non è possibile impersonare i terroristi, ciascun giocatore vede sempre sé stesso come un soldato americano e l'avversario come un terrorista, non sono presenti personaggi comandati dal computer (AI), ciò contribuisce al realismo e alla difficoltà del gioco.35 L’attenzione al realismo dei dettagli è uno degli aspetti a cui si è dato molto peso nello sviluppo del gioco: il team di sviluppatori ha visitato 19 installazioni militari per accertarsi che le armi del gioco fossero il più simile possibile all’arsenale militare; viene simulato realisticamente il caricamento, il suono prodotto dagli spari e anche i malfunzionamenti che di tanto in tanto possono capitare. Molta attenzione è stata data anche alle esplosioni dei diversi tipi di granate e al modo in cui i soldati si muovono. La realizzazione del gioco ha richiesto 5 milioni di dollari e 3 anni di sviluppo,36 costi e tempi in linea con lo sviluppo di giochi commerciali.
Non tutti i dettagli della guerra combattuta sono però stati riprodotti fedelmente, lo spargimento di sangue e l’uccisione dei soldati sono stati resi in modo stilizzato; ciò ha contribuito ad ottenere un rating T37 rendendo il gioco adatto a un pubblico di adolescenti.
Jacob Hodes & Emma Ruby-Sachs, in un articolo comparso su The Nation, sono molto critici riguardo il gioco dell’esercito; dopo aver provato in prima persona America’s Army e aver assistito ad alcune sessioni di gioco, hanno concluso che oltre ad essere un ottimo strumento di reclutamento, aiuta a rafforzare la legittimità dell’attuale guerra al terrorismo condotta dagli Stati Uniti.

“The game has brought the war on terrorism home to computer screens, where thousands of gamers can now fight and refight the US war in Afghanistan at any time of the day or night. What better way to reinforce its legitimacy?”38

Oltre ad aver ottenuto un succeso inaspettato anche al di fuori degli USA,39 America’s Army si è rivelato un ottimo canale di comunicazione per far conoscere ai ragazzi statunitensi le opportunità offerte dall’esercito; il Colonnello Casey Wardinsky, ideatore del gioco, ha infatti dichiarato: 

“America's Army si è rivelato il migliore investimento fatto dall'esercito in pubblicità. In una ricerca di quest'anno, condotta su 20.000 tra ragazzi e genitori, abbiamo scoperto che il 29 per cento di loro ha tratto informazioni utili sull'esercito proprio dal videogioco"40

Ciò dimostra come il videogico possa essere un ottimo strumento di comunicazione, particolarmente indicato per raggiungere un pubblico sempre più vasto; il 44% dei giocatori statunitensi ha infatti un’età compresa tra i 18 e 49 anni.41

Fin qui si è visto come i prodotti del mercato videoludico mainstream possono contenere dei messaggi e delle ideologie più o meno manifesti. I pochi titoli analizzati non possono certo rappresentare il mercato nella sua interezza, ma si è comunque scelto di prendere in considerazione dei giochi che hanno, e avranno, sicuramente un peso notevole nella storia del medium videoludico.

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  1. 1. Nella classifica italiana in ordine di preferenze compaiono i giochi  di strategia, action/adventure, guida, sport e calcio; ma in questa tesi si preferisce inglobare i giochi di guida e di calcio nei giochi sportivi.
  2. 2. Cfr. Alessandro Piana Bianco et. altri  “Cacciatori e prede. Il caso Manhunt. I videogiochi nell’era dell’isteria mediatica” in Matteo Bittanti, Gli strumenti del videogiocare, Milano, Costlan editori, 2005.
  3. 3. Cfr. Robyn M. Holmes and Anthony D. Pellegrini, “Children’s Social Behavior during Video Game Play”;
    Barrier Gunter, “Psychological Effects of Video Games”;
    Jeffrey Goldstein, “Violent Video Games”.
    Tutti in AA.VV., Handbook of Computer Game Studies, a cura di  Joost Raessens e Jeffrey Goldstein, Cambridge, MIT Press, 2005.
  4. 4. “Il predominio della violenza nei videogiochi è stato spesso attribuita a fattori culturali, ma io credo che possa essere in parte spiegato da un desiderio di risposta immediata. Di tutte le azioni umane nessuna può essere meglio simulata, cliccando su un interruttore, della pressione del grilletto di un’arma. Non cerco di difendere la violenza presente nei videogiochi, ma mi sembra che il tema dello sparare sfrutti con grande efficacia la natura reattiva del medium”
    Marie-Laure Ryan, “Beyond Myth and Metaphor, The Case of Narrative in Digital Media”, Game Studies (consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://gamestudies.org/0101/ryan/
  5. 5. Il computer analogico utilizzato da Higinbotham per realizzare Tennis for Two, era stato utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale per il rilevamento di missili.
    Cfr. Matteo Bittanti, Gli strumenti del videogiocare - Logiche, estetiche e (v)ideologie, Milano, Costlan editori, 2005, p.202
  6. 6. È possibile giocare a un clone di Battlezone all’indirizzo http://www.cyberdyne-systems.co.uk/bz/bzsplash.html
  7. 7. Cfr. J.C. Herz, Joystick Nation, London, Abacus, 1997 (tr. It. di Luca Piercecchi, Il Popolo del Joystick, Milano, Feltrinelli, 1998,  p. 199); Vedi anche Curt Vendel, “ATARI Coin-Op/Arcade Systems 1980 – 1982”, AtariMuseum.com (consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.atarimuseum.com/videogames/arcade/arcade80.html
  8. 8. “Forse è stato perché bisognava eliminare i nazisti. Forse per la sfida in sé. Wolfenstein 3D e Spear of Destiny sono i pionieri del genere sparatutto in prima persona, e hanno portato ai loro creatori, ID Software, notorietà internazionale e numerosi riconoscimenti. La Computer Gaming World Hall of Fame ha riconosciuto a Wolfenstein 3D il merito di aver aiutato a delineare la direzione dell’industria del software videoludico.“ Dal sito ufficiale ID Software, (consultato maggio 2006), Disponibile all’indirizzo http://www.idsoftware.com/games/wolfenstein/wolf3d/
  9. 9. Cfr. il sito del produttore http://www.idsoftware.com/games/vintage/hovertank/
  10. 10. BAM! Entertainment nel 2002 ha riproposto Wolfenstein 3D per il Nintendo Gameboy Advance; la versione del gioco riproposta è l’originale per PC dove sono presenti i riferimenti al regime nazista. Cfr. il sito del produttore.
  11. 11. “Appena passi attraverso l’entrata principale della base, senti dei grugniti animaleschi che rimbombano da lontani corridoi. Sanno che sei qui. Non si può tornare indietro ormai.”
    La storia di Doom tratta dal manuale di gioco è reperibile all’indirizzo http://www.classicdoom.com/doomtext.htm
  12. 12. Cfr. J.C. Herz, Joystick Nation, London, Abacus, 1997 (tr. It. di Luca Piercecchi, Il Popolo del Joystick, Milano, Feltrinelli, 1998)
  13. 13 Cfr. J.C. Herz, Joystick Nation, London, Abacus, 1997 (tr. It. di Luca Piercecchi, Il Popolo del Joystick, Milano, Feltrinelli, 1998p. 93)
  14. 14 Op. cit. p. 92
  15. 15 Op. cit. p. 91
  16. 16 “Commercial Terrain Visualization Software Product Information, Marine Doom”, US Army Corps of Engineers, (pubblicato maggio 2006; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.tec.army.mil/research/products/TD/tvd/survey/Marine_Doom.html
  17. 17 “I videogiochi che hanno fatto la storia”, The Games machine 208, maggio 2006
  18. 18 Per “libertà di gioco” si intende la possibilità data al giocatore di intraprendere percorsi differenti all’interno del videogioco. Ottenere una maggiore libertà di gioco rispetto ai titoli precedenti è uno degli aspetti più ricercato da sviluppatori, recensori e giocatori.
  19. 19 Alberto Falchi, “Mondi virtuali, strutture sociali. La techno-etica cyberpunk di Deus Ex”, in Matteo Bittanti, Gli strumenti del videogiocare - Logiche, estetiche e (v)ideologie, Milano, Costlan editori, 2005.
  20. 20 “La cosa peggiore è che esiste da anni un complotto volto a dominare il mondo, tale complotto ha deciso che ora è il momento giusto per uscire dall’ombra e prendere il controllo. Nessuno crede che esista. Nessuno tranne te.”
    Storia introduttiva di Deus Ex tratta dal sito del produttore; disponibile all’indirizzo http://www.eidosinteractive.com/games/info.html?gmid=50
  21. 21 Cfr. Alberto Falchi, “Mondi virtuali, strutture sociali. La techno-etica cyberpunk di Deus Ex”, in Matteo Bittanti, Gli strumenti del videogiocare - Logiche, estetiche e (v)ideologie, Milano, Costlan editori, 2005.
  22. 22 Matteo Bittanti, Gli strumenti del videogiocare - Logiche, estetiche e (v)ideologie, Milano, Costlan editori, 2005, p.10
  23. 23 I simulatori si differenziano da altre tipologie di gioco per la maggiore difficoltà nel sistema di comando. Il maggior numero di variabili presenti per cercare di rendere realistica l’esperienza simulata vanno a scapito della giocabilità. In alcuni videogiochi è data la possibilità di scegliere tra uno stile “simulazione” e uno stile “arcade” per consentire a un pubblico più ampio di apprezzare il videogame.
  24. 24 In questa tesi si ritiene che il voler trovare in qualunque videogioco un’ideologia nascosta sia una forzatura.
  25. 25 Matteo Bittanti, Gli strumenti del videogiocare - Logiche, estetiche e (v)ideologie, Milano, Costlan editori, 2005.
  26. 26 Dopo il primo SimCity sono usciti SimCity 2000 (1993) e SimCity 3000 (1999). Giovanni Marrelli, “Gli Esteti dei Videogame - Will Wright”, GameStar, (pubblicato aprile 2006, consultato maggio 2006), reperibile all’indirizzo http://www.gamestar.it/showPage.php?template=Speciale&id=208&masterPage=stampa_speciali.htm
  27. 27 J.C. Herz, Joystick Nation, London, Abacus, 1997 (tr. It. di Luca Piercecchi, Il Popolo del Joystick, Milano, Feltrinelli, 1998).
  28. 28 “Per quanta libertà i game designer possano garantire ai giocatori, ogni simulazione verterà su alcuni  presupposti di base. SimCity è stato criticato sia dalla destra che dalla sinistra per il suo sistema economico. Il gioco presuppone che tenendo le tasse basse si incoraggi la crescita mentre alzarle causi una recessione. Scoraggia l’uso di energia nucleare, mentre favorisce gli investimenti nel trasporto pubblico. Più in profondità, resta fermo nella fantasia empirista e “filotecnologica” che le complesse dinamiche dello sviluppo urbano possano essere astratte, quantificate, simulate e gestite a livello micro.”  Ted Friedman, “The semiotic of SimCity”, First Monday  vol. 4 n. 4 (pubblicato aprile 1999; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://firstmonday.org/htbin/cgiwrap/bin/ojs/index.php/fm/article/view/660/575
  29. 29 “Si, in un certo senso. Più si gioca a The Sims e più ci si rende conto che non è congegnato come appare all’inizio. All’inizio bisogna comprare beni. Si vuole una Tv migliore, una cucina migliore. Si pensa che quando si ottengono la vita sarà migliore. Ma se si gioca per tanto tempo con la stessa famiglia, si capisce che ogni oggetto ha un malfunzionamento interno. Si può rompere, causare un allagamento o prendere fuoco […]
    Nel lungo termine molta gente capisce che il materialismo è una sorta di falsa promessa.
    Allo stesso modo SimCity si rapporta con il tipico valore americano di crescita. Spesso valutiamo una città in base alla velocità con cui cresce, presupponendo che ciò sia positivo. Quando la crescita si ferma si pensa che ciò sia una cosa negativa. Avere società sostenibili è una grande idea. L’Europa è molto più avanti dell’America in tal senso. Ma quando si gioca a SimCity per la prima volta si pensa che bisogna far crescere la città il più possibile. Ma si arriva a un punto nel gioco in cui lo sviluppo non è più sostenibile. Entrambi i giochi veicolano questo messaggio a lungo termine anche se in modo per niente esplicito. Del resto non vogliamo manipolare le coscienze ne fare delle prediche. Il messaggio è quasi impercettibile.” Will Wright in AA.VV., “Q&A with Will Wright”, Tech TV,  (pubblicato marzo 2000; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.g4tv.com/techtvvault/features/22117/QA_With_Will_Wright_pg3.html
  30. 30 Greg Costikyan, “Death to the game industry: Long Live Games”, The Escapist (pubblicato maggio 2006; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.escapistmagazine.com/articles/view/issues/issue_8/50-Death-to-the-Games-Industry-Part-I
  31. 31 “While the game is definitively cartoonish, I am not able to find satire within it. Certainly, the game may be making fun of suburban Americans, but since it rewards the player every time she buys new stuff, I do not think this could be considered parody.”Gonzalo Frasca, “The Sims: Grandmothers are cooler than trolls”, Game Studies,  (pubblicato giugno 2001, consultato maggio 2006), reperibile all’indirizzo http://www.gamestudies.org/0101/frasca/
  32. 32 Cfr. Vincenzo Giagheddu, “America's Army: Operations Recon - Recensione”, Ludus, (pubblicato settembre 2002; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.ludus.it/code/pagina/id_gioco_piattaforma/1462/tipo_pagina/21
  33. 33 Ivan Fulco, “War Games, nuove armi di reclutamento di massa”, La Stampa Web, (pubblicato maggio 2004; consultato maggio 2006),  disponibile all’indirizzo http://www.blia.it/utili/articololastampa.php?sessione=15795CA417667978A2F567191B39250A&url=%22http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=5240449
  34. 34 Jacob Hodes & Emma Ruby-Sachs, “America's Army Targets Youth”, The Nation, (pubblicato agosto 2002; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.thenation.com/doc/20020902/hodes20020823
  35. 35 I personaggi comandati dal computer (AI) hanno una “intelligenza” limitata. Quando i giocatori comprendono gli schemi ripetitivi di comportamento delle AI il gioco perde in realismo. La presenza in un gioco solo di personaggi comandati da giocatori reali aumenta il realismo e mantiene alto il livello di sfida.
  36. 36 Cfr. Jacob Hodes & Emma Ruby-Sachs, “America's Army Targets Youth”, The Nation, (pubblicato agosto 2002; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.thenation.com/doc/20020902/hodes20020823
  37. 37 Il Rating attribuito dell’Entertainment Software Rating Board serve a fornire informazioni riguardo il contenuto dei videogame. Il valore T (Teen) indica che il gioco presenta contenuti adatti dai 13 anni in su. I giochi particolarmente violenti ottengono un valore M (Mature) adatti ad un pubblico dai 17 anni in su. Per maggiori informazioni: http://www.esrb.org/ratings/ratings_guide.jsp
  38. 38 “Il gioco ha portato la guerra al terrorismo negli schermi dei computer, dove migliaia di giocatori possono riprodurre quante volte vogliono la guerra degli Stati Uniti in Afghanistan. Quale miglior modo per rafforzarne la leggittimità?”
     Jacob Hodes & Emma Ruby-Sachs, “America's Army Targets Youth”, The Nation, (pubblicato agosto 2002; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.thenation.com/doc/20020902/hodes20020823
  39. 39 In Germania alcune riviste di settore hanno inserito il gioco nei CD allegati; in Italia il gioco ha avuto delle recensioni molto positive; The Games Machine organizza annualmente un torneo di America’s Army. Cfr. Vincenzo Giagheddu, “America's Army: Operations Recon - Recensione”, Ludus, (pubblicato settembre 2002; consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://www.ludus.it/code/pagina/id_gioco_piattaforma/1462/tipo_pagina/21
    Vedi anche Matteo Lorenzetti, “America’s Army TGM Cup 2006”, The Games machine 208, maggio 2006.
  40. 40 Colonnello Casey Wardinsky in Alessandro Longo, “Videogiochi d'attualità”, L’Espresso, (consultato maggio 2006), disponibile all’indirizzo http://espresso.repubblica.it/dettaglio-archivio/ 602937&m2s=t
  41. 41 Il 31% ha meno di 18 anni e il 25% più di 50. l’età media dei giocatori è di 33 anni. Fonte: “Essential facts about the computer and video game industry”,  Entertainment software association (ESA), 2006, disponibile all’indirizzo http://theesa.comPer quanto riguarda le statistiche italiane cfr. pagina 18